Luisa, 93. RESILIENZA
- Cesare Bruno Poli
- 25 apr 2021
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 24 mag 2021
Sono nata nel 1928 e negli anni della mia gioventù le campagne e i boschi rappresentavano la vita del mio paese; per questo, ho avuto fin da subito un un rapporto un po’ forzato con la natura in quanto praticamente ogni contatto avveniva nella visione del lavoro.
Ricordo nitidamente che davanti casa mia c'era un grande campo coltivato a grano che in estate si tingeva di oro, in particolare ricordo la grande trebbia che si azionava nel periodo di raccolta quando il grano era ormai ben maturo. Noi andavamo “a gregne”, così si diceva, ovvero raccoglievamo i mazzi di grano che venivano poi mandati ai mulini.
Nel '39 scoppiò la guerra e ben presto mi ritrovai a dovermi nascondere con la mia famiglia in un cunicolo sotto casa per via dei bombardamenti. Oltre alle bombe, la guerra portò anche i tedeschi da noi. Un giorno infatti ne vedemmo arrivare un comando che decise di stabilirsi proprio a casa nostra.
Dal mese di ottobre a quello di dicembre eravamo tutti occupati nella raccolta delle olive; di quel periodo era molto freddo e la terra era gelata. Le olive andavano cercate e si stava le giornate accovacciati a scavare con le dita alla ricerca di una qualche oliva ghiacciata.
Anche il bosco ha rappresentato un posto molto importante da ragazza; ci si andava con le amiche, un po’ giocavamo, un po’ raccoglievamo le fasce di legna che spezzavamo con il “roncio”. Ci servivano poi per fare il pane.
Ma i momenti migliori li trascorrevo con le mie amiche, ci divertivamo tutte insieme chiacchieravamo e si facevano i giochi classici, soprattutto al bosco, come nascondino, rubabandiera, chiapparella e campana.
~Alice Bianchi~

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